| Nell’aprile 2007 sono stati realizzati i mosaici della parete absidale raffigurante Cristo nei martiri del XX secolo e sulla parete di fondo la Madonna del melograno. |
CAPPELLA DEI MARTIRI | |
Si tratta di una cappella dedicata non a uno in particolare, ma a tutti i martiri del XX secolo. | |
Cappella | |
L’amore vive nella storia in modo pasquale. L’amore si realizza in modo da vincere mentre sta perdendo, guadagnare mentre sta donando, vivere mentre sta morendo. E questo è Gesù Cristo. Quando il cristiano riceve la vita nuova, cioè la vita innestata in Cristo, è capace di amare in modo divino. Perciò i primi cristiani, in un certo senso, desideravano il martirio, desideravano questo mistero pasquale. Donare il proprio corpo, la propria vita, rappresentava per loro l’unica sicurezza di essere veramente entrati nel corpo glorioso di Cristo, allo stesso modo del seme che cade nella terra: se non muore, non porta frutto. Perciò vedevano il senso della propria vita nel saper morire, sapendo che così facendo sarebbero vissuti. Si tratta della sapienza di morire per amore. E non c’è amore più grande di quello che può essere identificato con l’amore di Dio, cioè con l’amore realizzato da Cristo. Perciò la Chiesa crede che nel martire si realizza Cristo. Il martire è come un indicatore di Cristo. Dove c’è il martire, lì c’è la Pasqua di Cristo e noi siamo contemporanei a Cristo. A partire da questa visione, il mosaico voleva far vedere in che modo Cristo moriva nel XX secolo. Il martire è già l’uomo nuovo che è cresciuto fino alla maturità di Cristo. Perciò riconosciamo nei martiri il volto di Cristo e lo vediamo mentre sta ai lavori forzati, con gli occhi bendati pronto alla fucilazione, con la bocca imbavagliata mentre subisce interrogatori violenti, nei campi di concentramento. Queste immagini ci fanno vedere come Cristo soffriva nel XX secolo. I martiri sono disposti in forma di croce. La croce è la forma più semplice e più convincente dell’incontro: due linee si incontrano radicalmente. I Padri dicono che il mondo è stato già creato in forma di croce, così che la croce appartiene all’identità stessa del mondo e dell’uomo. Perciò i martiri sono messi su questa croce. Tuttavia a noi non interessa la croce come tale, ma il Crocifisso. La croce ha un significato profondo, perché su di essa c’è il Crocifisso. Sulla croce si è realizzato l’incontro tra Dio e l’uomo e tra l’uomo e l’uomo, perché Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, si è dato nelle nostre mani fino al punto che potevamo crocifiggerlo. Perciò al centro della croce c’è il Volto di Cristo, un volto molto luminoso. Cristo è vestito di un abito bianco. Si tratta del Cristo dopo la Pasqua. Non si sottolinea il suo trionfo, ma il suo passaggio attraverso la morte. E Cristo ben conosce il dolore che noi sentiamo e portiamo, perciò ci guarda con misericordia. Ogni uomo porta il suo dolore e ogni uomo cerca la misericordia. Le altre figure – gli altri “Cristi”, i martiri – sono disposti nei quattro angoli della croce secondo l’antica tradizione per cui in ogni braccio della croce è raffigurato anche un altro mistero. Lo sfondo di questi “Cristi” è l’oro ramato, che mostra come in qualche modo si stia spegnendo la luce dell’uomo-persecutore, la luce dell’amore, e come poi questa luce si riaccenda di nuovo nell’amore di Cristo. Il persecutore spegne l’umanità in se stesso, non in colui che sta martirizzando. Il persecutore mostra la “disumanizzazione” sul volto di colui che ha picchiato e annientato, ma in verità con ciò mostra la “disumanizzazione” del proprio cuore. Questa è la tragedia degli uccisori. I martiri sono somiglianti a Cristo, cioè a Colui che non ha castigato i propri uccisori, ma ha pregato per loro e ha chiesto per loro il perdono. Perciò nel mezzo della croce si accende l’oro luminoso, nel quale “si infuoca” tutta la croce. Tutta la croce è in un certo senso immersa nell’oro. In un braccio la croce è piantata in una terra sassosa, in modo da percepire l’unità tra il cielo e la terra, tra il mortale e l’immortale, tra lo spento e l’eternamente acceso. Tutta la scena è impostata in modo geometrico a causa della croce. Le pietre, i colori, l’oro sono messi in un ritmo giocoso orizzontale e verticale, il che dà all’intero presbiterio un senso di festa, di luminosità, di luce. Si tratta del superamento della tragedia, poiché a coloro che appartengono a Cristo, la vita non è tolta, perché sono loro a donarla. Sui volti, sulla corporeità delle figure si vede la drammaticità, l’esaurimento, ma allo stesso tempo tutto è messo nella gloria, dove la terra è luminosa, imbevuta di sangue, di quel sangue che all’ora della morte di Cristo è caduto sulla terra e vi è rimasto. E questo sangue un giorno darà alla terra quel senso che vediamo nella liturgia, dove il pane diventa il vero pane e il vino la vera bevanda, il sangue per la vita eterna. Perciò queste pietre sono così trasparenti, anche se appuntite. Tutto è composto in modo che vinca sempre l’oro, il bianco, la luce. | |
Abside | |
Dall’altra parte c’è la Madonna del melograno. Il melograno è diventato per i cristiani, soprattutto nel medioevo, simbolo dell’unità. Questo frutto ha una buccia dura, ma dentro ci sono tantissimi semi che si possono mangiare. Si tratta di uno straordinario simbolo dell’unità, perché questo frutto include in sé un gran numero di semi dolci. | |
Parete di fondo |