ANTICO TESTAMENTO
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EUROPA

CAPPELLA DEL COLLEGIO SAN STANISLAO A LJUBLJANA [2006]

Indirizzo
Štula 23 - 1210 Ljubljana, Slovenia
Parola chiave
ANTICO TESTAMENTO, Discesa agli inferi, I dodici apostoli, Pentecoste, S. Stanislav Kostka, SANTI E BEATI, Visione di Ezechiele

Il punto di partenza contenutistico per questo mosaico si trova nella cappella stessa, che porta una tragica impronta storica: qui dentro le persone che vi erano condotte aspettavano la morte, aspettavano di conoscere la decisione su dove sarebbero state deportate e uccise.

Veduta d’insieme
Maggio 2006

 

La scena si ispira al brano della visione della pianura di ossa del profeta Ezechiele (cf Ez 37,1-14).
Tutta la terra è disseminata di ossa. Ci sono ossa dappertutto, in tantissime grotte, perché noi uomini, di generazione in generazione, continuiamo a spingerci nelle grotte. C’è sempre qualcosa di più importante dell’uomo che si ha davanti e ce lo fa spingere nella morte. Ma quanto più è forte la morte, tanto più forte è Gesù Cristo. Se dunque vogliamo mostrare la forza, la luce e la gloria dell’amore di Gesù Cristo, dobbiamo mostrare anche la forza del male. Altrimenti parliamo di una favola. Il cristianesimo è un intervento nella realtà, non nella fantasia.
In questa valle soffia lo Spirito e le ossa rivivono. E allora basta con le ossa, basta con gli elenchi di morti, di uccisi. Bisogna mostrare come la fede guarda a queste ossa, come la Parola di Dio le illumina. Quando soffia questo vento – lo Spirito –, tutte queste ossa rivivono, si rivestono. Teologicamente parlando, sappiamo che lo Spirito Santo è il Signore che dà la vita, è il Signore che ha portato il Verbo nella vita, ha formato la vita secondo l’immagine del Verbo, ha incarnato Gesù Cristo nella Vergine Maria. Perciò questo Spirito non è un’energia astratta, ma un Volto.
Gli artisti hanno cercato di far apparire il volto di Gesù Cristo come la cosa più potente in questa cappella. Perché lo Spirito Santo ha concentrato l’amore di Dio su questo volto, che è immensamente buono.
Cristo viene, scende e dà la mano ai morti. Quando stende la mano, essi rivivono. Prima o poi tutti ci troviamo nel peccato e nella desolazione, o perché noi stessi abbiamo peccato, o perché qualcuno ha commesso un peccato contro di noi… Prima o poi tutti sentiamo questo peso delle tenebre. Il Signore viene da noi e ci dà la mano per tirarci fuori.


PARTE CENTRALE

Parte centrale
Maggio 2006


Cristo è nel vortice del suo mantello, un mantello che nella Bibbia ha più significati, ma essenzialmente richiama la gloria di Dio, cioè Dio che si rivela nello splendore della sua maestà, della sua potenza, della sua santità.
Qui Cristo scende, ma il suo mantello, invece, sale. Nel suo mantello ci sono gli apostoli, e progressivamente si riempie di tutti quelli che il Signore sta tirando fuori dalla morte. Il mantello è la Chiesa, perché la Chiesa è il luogo in cui si riflette la gloria di Cristo risorto, uno spazio dilatato dalla risurrezione, luogo dell’epiclesi dello Spirito Santo e della trasformazione di ogni offerta nel corpo di Cristo.
La Chiesa è l’ambito dove si vince la morte, dove in Cristo risorto troviamo il senso anche della più assurda sofferenza di quelli che hanno confidato in Lui.

Cristo e gli apostoli
Maggio 2006

 

Con questa scena è indicato che la Chiesa è ambito dell’amore, che vivifica, che non esclude, ma fa crescere, benedice e illumina. Anche quelli che sono lontani dalla Chiesa e forse scettici nei suoi confronti possono scoprire la Chiesa come la più grande sorpresa: ciò che è spezzato si raddrizza, ciò che è malato guarisce, ciò che è immondo viene purificato, ciò che è umiliato viene innalzato, ciò che è rigettato viene accolto. La Chiesa è l’ambito in cui ogni opera buona che uno ha fatto, anche se è il più grande peccatore, non sarà più dimenticata. La Chiesa è l’eterna memoria della bontà, della carità. La Chiesa è l’ambito dove le cose buone rimangono raccolte per sempre. Con il corpo che adesso portiamo e che sarà distrutto, ci stiamo preparando un altro corpo, che rimarrà. Questo è il seme che morirà per far germogliare un’altra cosa. E questo viene indicato dal mantello, pieno della comunità, dell’amore.
Gli apostoli fanno dei segni: pregano, indicano il Signore, predicano, battezzano, ungono, ordinano, perdonano.
Qui ci sono tutti i sacramenti e tutto ciò che la Chiesa ha per comunicarci la vita, affinché questa nostra misera realtà umana possa entrare nella vita.
A sinistra, guardando Cristo, Pietro impone le mani su colui che Cristo ha tirato dalla morte. Il perdono, infatti, è come la salvezza dalla tomba: è la vita che si è perduta, ma si troverà per l’eternità nel Signore, nascosta in Dio.
Dall’altra parte, c’è la donna che Cristo ha strappato dalla morte. Intorno alla sua mano è avvolta la stola, un simbolo del rito del matrimonio, che richiama tutta la teologia di Paolo sulla fedeltà di Cristo e della Chiesa, di Dio e dell’uomo, dell’uomo e della donna.

Eva strappata dalla morte
Maggio 2006

 

 

PARTE SINISTRA

San Stanislao Kostka
A sinistra, guardando l’altare, c’è il patrono della chiesa, san Stanislao Kostka, un giovane gesuita polacco del tempo dei primi gesuiti in Polonia, appena dopo sant’Ignazio. I genitori non lo lasciarono entrare dai gesuiti, perciò lo mandarono a studiare e gli trovarono un’abitazione presso i protestanti. Si ammalò e volle ricevere la comunione, ma i protestanti non permisero che lo visitasse un sacerdote cattolico. Ma Dio non lo abbandonò: venne la Madre di Dio in persona e gli pose per un attimo tra le braccia il Figlio di Dio.
La comunione non è qualcosa di meccanico. Ciò che noi offriamo – il pane segnato dal peccato, perché viene fatto, portato e offerto da peccatori – diventa Cristo. Cristo lo accoglie per diventare Lui stesso pane e con questo non ci comunichiamo. Siamo comunicati con Cristo.
Si tratta della relazione – Cristo si affida a noi. Dovremmo imparare a dire e consegnare a Cristo tutto ciò che viviamo: le nostre paure, i desideri, le passioni, le malattie, le speranze… Gli possiamo consegnare tutto perché Lui si consegna nelle nostre mani.

La Madre di Dio con san Stanislao
Maggio 2006

 

Dall’altra parte c’è il tabernacolo. Una volta il tabernacolo era semplicemente un luogo in cui si conservava l’eucaristia. In seguito è diventato come una piccola chiesetta dentro alla chiesa.
Oggi a volte si vede disegnato sul tabernacolo una spiga, talvolta un pane…
Nel primo millennio, sulle bende bianche rimaste nella tomba vuota dopo la risurrezione, si scriveva in greco ho on, cioè “Colui che è” (cf Es 3,14), perché Lui vive. Forse questa è la scritta più adatta per il tabernacolo.
Nell’arte liturgica, le immagini sono come l’insegnamento, il contenuto, mentre lo sfondo ha un altro significato. Lo sfondo è decorativo. Tutta la chiesa dovrebbe riflettere qualcosa di bello. La bellezza significa un mondo penetrato dall’amore, dall’armonia. Perciò si usano la geometria e la libertà, le pietre piccole e grandi, chiare e scure, luminose e spente, lisce e ruvide. Solo il contrappunto, infatti, può portare all’armonia, altrimenti rimaniamo nella monotonia. I contrari devono essere sviluppati fino ad una tensione tale, che le pietre possano scivolare. L’arte deve mostrare che la materia non è oscuramento dello spirito, ma la sua rivelazione. La materia, infatti, è viva, ha l’anima, vuole andare al Creatore. Perciò tutte queste pietre, tutti gli sfondi vogliono mostrare che il creato intero partecipa alla redenzione. E quando si guardano queste superfici, può accadere che nell’anima cominci a svegliarsi qualcosa di bello, di dinamico, di vivo. E così si comprendono diversamente anche le immagini, anche il sacerdote che celebra la messa… Perché la giusta comprensione è possibile solo se portiamo dentro una disposizione di comunione, di bontà, di legame con gli altri. Altrimenti non si può comprendere. Perciò la decorazione è fatta con la stessa attenzione che i volti. La chiesa come edificio, infatti, riflette in un certo senso la nostra identità di Chiesa come comunità. Nel Nuovo Testamento, Cristo è l’unico tempio e noi siamo le pietre vive di questo tempio, di questa Chiesa che edifichiamo. Quando si varca la soglia della chiesa, si incontrano i volti e si capisce di essere entrati anche noi in questa comunità. In questo senso la chiesa è il riflesso della nostra comunità, della Chiesa nella quale si vince la morte, perché l’amore di Cristo è più forte di ogni male. E questo amore ci viene dato dal Signore per testimoniarlo fino alla fine.

Particolare
Maggio 2006

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