| Nel giugno 2011 è stato realizzato il mosaico sulle 4 pareti con scene del Serpente innalzato, il buon Samaritano, Moltiplicazione dei pani, Natività, Emmaus e la manna nel deserto; inoltre la torre eucaristica, gli arredi, le vetrate e le lampade in pittura. |
CAPPELLA DEL SANTISSIMO | |
Nella cappella del Santissimo Sacramento, la parte fondante e centrale è il tabernacolo che qui è collocato in una “torre eucaristica”. Nella parte superiore della torre c’è un posto riservato per la custodia. La “torre eucaristica” nasce nelle cattedrali gotiche nel tempo in cui comincia a svilupparsi la devozione eucaristica per cui, in un certo senso, la erezione della “torre eucaristica” nella Cappella del Santissimo della cattedrale di Madrid si inserisce nella tradizione di molte cattedrali antiche. | |
Presbiterio | |
La decorazione della porta del tabernacolo deve aiutare i fedeli a prendere coscienza di chi si venera nel tabernacolo. Non ha senso mettere come decorazione della porta del tabernacolo il calice, il pane, le spighe, l’uva … perché ogni fedele vede che il sacerdote ha messo il pane eucaristico nel tabernacolo. C’è bisogno invece di far vedere in chi si è transustanziato questo pane, cioè nel nostro Signore Gesù Cristo, nel suo Corpo. Nella porta del tabernacolo è dipinto il Volto del Signore con la mano nel gesto della benedizione, per ricordare che nel pane eucaristico noi siamo benedetti dal cielo “con ogni benedizione spirituale” (Ef 1,3). La porta dello spazio riservato per la custodia è fatta in bassorilievo con una fusione di ottone dorato e rappresenta il pellicano, un antichissimo simbolo eucaristico di Cristo che offre la propria carne come cibo per il mondo. | |
Presbiterio | |
Poiché nella cappella si celebra l’eucaristia, vi si trovano anche l’altare e l’ambone. | |
Presbiterio | |
Attraverso la porta di cristallo, il fedele vede la scena dell’adorazione dei Magi con la frase: “Veniamo ad adorarlo”, ad indicare che stiamo penetrando in un luogo di presenza reale del mistero di Dio in Cristo, in concreto come eucaristia. I Magi sono presentati commossi e assorbiti dal fatto che il loro cammino di ricerca di Dio si conclude con la scoperta di un volto. I Magi hanno studiato e cercato attraverso le stelle, ma la loro ricerca rivela un’intelligenza limpida e umile perché ad un certo momento scoprono che devono andare a Gerusalemme e mettere la loro ricerca insieme con la rivelazione divina. A Gerusalemme non si presentano con superbia, ma con assoluta docilità e apertura. Quando ricevono l’informazione preziosa per loro, partono subito per seguirla. Alla fine scoprono che dietro le stelle c’è veramente qualcosa, come avevano intuito, anzi c’è Qualcuno, una persona con un volto preciso. Poiché mettono insieme le loro indagini con la rivelazione di Dio, arrivano a Betlemme, dove trovano una vergine che indica un bimbo come vero Dio. In seguito gli offrono i loro doni, perché il vero riconoscimento dell’Altro esige il gesto concreto. E loro il gesto concreto l’hanno fatto: prima nel loro mettersi in cammino e poi nell’adorazione. A Gerusalemme invece i grandi dotti sulla Scrittura, che pure avevano rivelato ai magi dove andare, sono rimasti a casa: la loro conoscenza non serve a niente, se non alla superbia. C’è una conoscenza che non muove e che non fa camminare, perfettamente conciliabile con ciò che si è o con ciò che si vuole essere. I re magi rivelano che c’è un’altra conoscenza che fa muovere, ascoltare, domandare, cercare, camminare e trovare. Questa conoscenza è quella che porta alla salvezza. L’altra si rivelerà alla fine come l’intelligenza dei superbi che fino alla fine del vangelo non riusciranno ad accettare il Messia. | |
Parete destra | |
Dietro la “torre eucaristica”, sul lato sinistro e destro, l’eucaristia è presentata come farmaco, medicina. La prima immagine alla sinistra ci ricorda l’episodio del serpente di bronzo di Mosè nel deserto. Tutti coloro che erano morsi dal serpente e guardavano al serpente di bronzo guarivano. Sia Giovanni (cf Gv 314) che Paolo (cf 1Cor 10,9) si servono di questa immagine per far vedere Cristo come unico farmaco d’immortalità. Il bastone su cui è appeso il serpente di bronzo allude all’albero di Gen 3. Infatti, nella scena ci sono un uomo e una donna che contemplano il serpente di bronzo in atteggiamento di preghiera e, sebbene siano morsi dal serpente, rimangono incolumi. La donna allontana con facilità e determinazione il serpente insidioso. L’unione con Cristo che avviene in maniera cosi radicale nell’eucaristia rende l’uomo salvo dal male del mondo e dalle insinuazioni del diavolo. Questa immagine è particolarmente significativa in un’epoca nella quale il cristiano deve vivere così profondamente immerso nel mondo e sommerso da esso, e perciò continuamente circondato dalle tentazioni del male. Bisogna saper stare nel mondo senza tuttavia essere del mondo, bisogna stare nel male, ma non lasciasi coinvolgere dal male. Il male supremo è la morte che svuota di senso tutto ciò che esiste, ma chi mangia il Corpo di Cristo e beve il suo Sangue, anche se muore, vivrà eternamente (cf Gv 6,51) | |
Parete centrale | |
Sulla destra la seconda immagine dell’eucaristia come farmaco si contempla nel buon Samaritano. L’eucaristia è l’evento del Corpo di Cristo. Cristo, prendendo un corpo umano, ha assunto questa umanità ferita e malata, destinata alla morte, il buon Samaritano che si china sull’umanità ferita e mezza morta per guarirla. Allo stesso tempo, l’eucaristia rafforza in noi la vita nuova ricevuta nel battesimo, facendo di noi una parte viva di questo stesso Corpo di Cristo. Così, avendo la vita di Cristo, una vita che non è vincolata più al sangue dei nostri genitori, ma al sangue di Cristo, diventiamo capaci di fare gli stessi gesti di Cristo e di vivere non soltanto secondo Cristo, ma in Cristo. Perciò, l’eucaristia ci rende capaci della carità. Attraverso di noi può passare quell’unico amore con il quale Cristo ci ha amati e che poi si compie nella stessa scena del samaritano: “Tutto ciò che avete fatto a uno di questi piccoli, l’avete fatto a me” (cf Mt 25,40). Chiunque vive nell’amore è strappato alla morte e custodito in Cristo per la risurrezione, perché l’amore dura in eterno. Così, l’eucaristia è il farmaco d’immortalità perché ci fa vedere l’unità delle due mense, quella dell’eucaristia e quella della carità. | |
Parete centrale | |
Alla destra e alla sinistra della torre eucaristica sono raffigurati due angeli, un angelo con la luce eterna | |
Parete centrale – lato sinistro | |
e l’altro angelo con un purificatore. | |
Parete centrale – lato destro | |
Nella parete sinistra segue l’episodio della manna nel deserto. Il pane che Dio ha dato dal cielo è immagine di Cristo stesso (cf Gv 6). Quando il popolo si ribellava non volendo continuare il cammino nel deserto e cominciava a rimpiangere il tempo in cui erano seduti accanto alle pentole piene di carne in Egitto, Dio intervenne dando il pane dal cielo. Il primo era il cibo della schiavitù e dell’essere seduti; il secondo, il cibo del cammino, cioè della vocazione. Il popolo eletto è un popolo in cammino, perché è un popolo della vocazione: ha un inizio e una meta. Con la manna, Dio voleva insegnare al suo popolo come procurarsi il cibo e di che cibo ha veramente bisogno l’uomo. L’uomo ha bisogno solo di quel cibo che lo aiuti ad attraversare il deserto per giungere alla terra promessa, che nel Nuovo Testamento si esplicita come piena comunione con Dio, in Cristo. Se l’uomo voleva accumulare la manna, il cibo non resisteva e venivano i vermi. Dio provvede per i suoi. Tutto ciò di cui il corpo ha bisogno viene dal cielo attraverso la terra, come la manna. | |
Parete sinistra | |
Nella parete destra, dopo l’angelo, è raffigurata la moltiplicazione dei pani. Nel capitolo 6 del Vangelo di Giovanni con la moltiplicazione dei pani si afferma l’origine divina di Cristo. I giudei, increduli, gli chiedono dei segni come quelli che ha fatto Mosè, che ha procurato la manna nel deserto. Cristo si stupisce che non abbiano ancora compreso che non è stato Mosè a dar loro la manna, ma il Padre del cielo. Gli israeliti che hanno mangiato la manna sono morti, ma chi mangia questo nuovo pane, il pane vero, che Cristo chiama pane vivo, non morrà, ma vivrà in eterno. Cristo dichiara che Lui offre al mondo una vita che non conosce tramonto e chi accoglie Lui, accoglie questa vita, perché si unisce tanto intimamente con Lui quanto il pane alla vita dell’uomo. | |
Parete destra | |
La nostra carità non è, allora, semplicemente il nostro sforzo eroico di donare, ma una dimensione della carità di Dio e della sacramentalità dell’amore. I diaconi di per sé nel rito latino non hanno un ruolo significativo; tuttavia la loro presenza nella celebrazione eucaristica è estremamente importante. Secondo il disegno della chiesa, il compito del diacono è quello di organizzare la carità nella chiesa: così tutti vedono e capiscono in modo esperienziale che la carità ha una sola fonte, quella di Cristo. Siccome l’eucaristia include il passaggio pasquale di Cristo al Padre, l’Eucaristia “produce” l’effetto della carità nelle persone e moltiplica il dono. Nell’ingresso della cappella sulla destra, si trova la scena dei Emmaus. I discepoli di Emmaus, nel riconoscere il Signore allo spezzare il pane, costatarono la risurrezione. Entrambi si dirigono verso Emmaus facendo diversi commenti e analisi di ciò che è accaduto, proprio come capita nella chiesa in molti raduni ed incontri. Tutti siamo abituati a fare i nostri commenti e le nostre analisi, la nostra mente si oscura per queste preoccupazioni e i nostri gli occhi si coprono di nebbia, tanto che non sono in grado di riconoscere il Signore che cammina con loro. Credono anzi che Egli sia l’unico straniero, nonostante in realtà sia il protagonista degli avvenimenti riguardo ai quali discutono. Pian piano Lui stesso rivela loro che ciò che non riescono ad accettare è il fallimento, la crocifissione. Cristo cioè fa loro intendere che era veramente necessario che fosse inviato dal Padre per rivelare agli uomini l’amore del Padre. Perciò si consegna nelle nostre mani. E siccome siamo una generazione malvagia e peccatrice, lo abbiamo maltrattato e ucciso. Ma proprio in ciò Lui ha rivelato l’amore, lasciandosi trattare così. In quel momento i discepoli comprendono ciò che scriveranno più tardi san Giovanni e san Paolo, cioè che solo l’amore rimane e che tutto ciò che è assunto nell’amore risusciterà per la vita eterna. Perciò i discepoli, senza esitazione, si alzano e corrono verso Gerusalemme, verso la comunità. I discepoli vivono praticamente una sorta di triduo pasquale. In un certo senso, con loro succede ciò che era stata la pasqua di Cristo: passano dalla tristezza, dalla delusione, dal fallimento all’esperienza dell’amore di Dio. Da persone che si stanno allontanando dalla comunità, risuscitano come persone della comunione che tornano alla comunità per testimoniare il Risorto. | |
Parete di fondo |