ALTRI PERSONAGGI NUOVO TESTAMENTO
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Capiago (CO)

CAPPELLA DELLA “CASA INCONTRI CRISTIANI” A CAPIAGO [2006]

Indirizzo
Via Faleggia, 6 - 22070 Capiago (CO), Italia
Parola chiave
ALTRI PERSONAGGI NUOVO TESTAMENTO, ANGELI, Annunciazione, APOSTOLI ED EVANGELISTI, Betania, Crocifissione, Gabriele, Giovanni Evangelista, Giuseppe sposo della Vergine Maria, INFANZIA DI GESÙ, Maddalena, MARIA MADRE DI DIO, MINISTERO E MIRACOLI DI GESÙ, Natività, Samaritana, Stabat Mater, Unzione

Veduta d’insieme
Febbraio 2006

 

Questa cappella, realizzata nel febbraio 2006, è inserita nella “Casa incontri cristiani” di Capiago, gestita dai Padri Dehoniani, la cui spiritualità è ispirata al Sacro Cuore, simbolo dell’amore del Padre alla ricerca dell’uomo.
Il mosaico si realizza in cinque scene complessive, di cui quattro cingono la scena centrale che è quella della Crocifissione.
Sulla parete destra, si trovano l’Annunciazione e l’unzione di Betania (più vicina alla Crocifissione).
Sulla parete sinistra, la Natività (di fronte all’Annunciazione) e l’incontro di Gesù con la Samaritana.

 

Annunciazione

Annunciazione
Febbraio 2006

 

Dio, per recuperare la sua creatura – l’uomo –, sceglie di diventare quella creatura, sceglie cioè di incarnarsi e farsi uomo attraverso il grembo di una donna. Questo non si capisce con una logica del tutto umana, e perciò il dogma dell’incarnazione, che custodisce un altro approccio, che è quello di un’intelligenza diversa, ci costringe a fare un salto nella nostra mente e a considerare il mondo divino come più vero. Secondo la sua logica, una concezione può avvenire anche in un modo oltre le leggi fisiche, per le quali la fecondazione è possibile solo secondo un accoppiamento carnale.
Questo significa dare più peso al divino e alla sua logica più perfetta della nostra, nonostante noi siamo abituati a vedere il mondo in un’ottica solo umana, all’interno della quale non si può ragionare per capire l’incarnazione di Dio e la verginità di Maria. Quando Maria, non capendo ciò che l’angelo le dice, risponde “fiat”, “fai tu”, significa che fa’ un salto di mentalità, che si orienta secondo la logica di Dio, non la sua; significa che crede di più a Dio e a quello che le dice attraverso l’angelo, piuttosto che alle sue idee, alle sue incomprensioni, ai suoi dubbi e alle sue paure.
Maria è rappresentata esattamente nel momento in cui l’angelo arriva, momento di cui si dice nel vangelo: “Ella rimase turbata” (Lc 1,29). Lei non guarda l’angelo che arriva e apre il rotolo del Verbo. Qui Maria gira il volto altrove, il braccio le cade, quasi a dire: “non capisco bene, ma… sia”. L’angelo si trattiene l’ala per non fare rumore, perché già lei è turbata. E’ raffigurato bianco su bianco, per far vedere la tenerezza di Dio, la leggerezza del messaggio di Dio, che non è irruento, ma, pur arrivando “a sorpresa”, è delicato, in modo che l’uomo possa accettarlo. Per questo Maria si fida e può incominciare a tessere con il filo rosso la carne alla Parola di Dio. Allora, se fino a quel momento la Parola si ascoltava, da quel momento in poi si può contemplare. Perciò si dice che, per ascoltare la Parola di Dio, bisogna avere gli occhi buoni, non gli orecchi, perché la Parola si è resa immagine: bisogna vederla.
E’ per un atto di fede, di riconoscimento dell’Altro, di fiducia in Lui, che Maria dice: “eccomi, sono la serva del Signore”. E, come la serva, è totalmente orientata al suo Signore.

 

Natività

Natività
Febbraio 2006

 

A partire dal “sì” di Maria, dato in fiducia, detto nella comprensione del cuore, del tutto, e non della sola testa – che da sola non poteva capire – arriviamo alla scena della Natività in cui Dio si incarna e diventa uomo, assume l’umanità, non in astratto ma nella concretezza di un corpo. E’ importante allora sottolineare che ciò che è tipicamente umano – il corpo – è anche tipicamente spirituale, perché Dio si è fatto uomo.
E’ il suo “sì” all’angelo che porta Maria a deporre questo bambino nella mangiatoia, che è esplicitamente indicata come la grotta della tomba, perché Lui nasce per morire, perché per raggiungerci nella nostra morte Lui deve morire. Ed è ancora a partire dall’intuizione di quel sì che Maria custodisce la certezza della verità di quella comprensione intuita per amore e non per logica.
Nella scena vediamo anche Giuseppe che, nel suo silenzio e nella sua logica del cuore, dà precedenza a Dio a tal punto da accogliere quel Figlio come suo figlio e accompagnarlo per tutta la vita.

 

L’incontro tra Cristo e la Samaritana

Gesù con la Samaritana al pozzo
Febbraio 2006


La Samaritana nelle raffigurazioni antiche porta usualmente un contenitore che qualcuno ha spiegato essere un’urna funeraria con la quale attingeva al pozzo. Siccome erano morti tutti i suoi mariti, la donna era familiare alla morte, viveva così vicina alla morte da bere al suo pozzo. La donna viene con questa sua vita e questa sua urna al pozzo.
Cristo è provato, stanco, ha sete e le dice: “dammi da bere” (Gv 4,7), si abbassa a chiedere, così che la donna possa a sua volta chiedere, quando riconosce con il cuore che lì c’è la fonte della vita.
Lei, infatti, comincia discutendo: “Come mai, tu che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una samaritana?” (Gv 4,9). Ma alla fine Lui conclude dicendo: “se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: ‘dammi da bere’, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva…. Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4,10.14) .
Allora la Samaritana chiede quest’acqua, per non avere più sete e non venire più ad attingere al pozzo. La donna riceve da Cristo l’acqua – prima era lui a chiedere a lei da bere –, e allora le cade dalle mani l’urna funeraria, che ormai non è più la fonte a cui dissetarsi.
Il pozzo è pieno di sabbia, è prosciugato, il vento ci ha portato dentro la sabbia.
Cristo infatti è il pozzo: il suo mantello diventa il pozzo, per offrire da bere una bevanda nuova, già accennata sul costato dove Cristo tiene la brocca.
La Samaritana fa una richiesta, senza saperlo, più grande di quanto pensa. Tutto parte da un fraintendimento: lei chiede semplice acqua, Cristo le dà l’acqua viva, cioè le dà se stesso (Gv 7,37: “Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me”).
E’ come se, al di là di quello che lei capisce con la sua razionalità, che la limita ad una lettura superficiale che le fa chiedere acqua da bere, la donna facesse una richiesta molto più profonda.
La Samaritana chiede a Cristo la verità più profonda, l’acqua che disseta per sempre, perché in qualche modo, nel suo profondo lo riconosce come Messia, pur partendo da fraintedimenti e pur non essendo in grado di dichiararlo e spiegarlo subito, dando quelle che la logica razionale cerca come motivazioni. In qualche modo, pur partendo da un fraintendimento, si fa missionaria al modo giusto, al punto che molti samaritani credettero in Cristo per le sue parole (cf Gv 4,39).

 

Crocifissione

Crocifissione
Febbraio 2006

Il versetto biblico che sottostà a questa scena è Gv 19,37: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.”
La fonte di tutto è il costato, il costato aperto.
Dalla croce, Cristo chiede da bere. Ed anche lì, come era capitato con la Samaritana, è lui a dare da bere, versando dal suo costato sangue ed acqua, l’amore. La spiritualità del cuore, a cui si rifanno i Padri Dehoniani, per essere tale, non chiede mai niente per sé, è veramente pasquale in modo assoluto.
Nella crocifissione il Figlio riconosce il Padre – anteponendo la volontà del Padre alla propria –, a tal punto da darsi totalmente nelle mani degli uomini.
Giovanni, che è il teologo del Logos – e il Logos è eterno, non invecchia e non conosce tempo –, è rappresentato come giovane. Giovanni, “il discepolo che Gesù amava” (Gv 13,23), ci indica Cristo. Lui lo può fare perché, accogliendo l’amore di Cristo, lo conosce veramente, perché solo chi ama conosce, ed amare vuol dire anteporre l’altro a sé.
C’è anche Maria, totalmente avvolta nel mantello, che, con uno sguardo molto forte, sembra seguire chi sta nella cappella.
Cristo guarda la Madonna, che rappresenta la Chiesa da cui siamo generati.
La Madonna è umana, per questo è vestita di una veste blu – il colore che indica l’umanità –, e sopra ha un mantello rosso, a indicare la divinità, assunta da lei attraverso la sua maternità divina, con cui si divinizza. Solo in virtù di questa sua progressiva divinizzazione, avvenuta nel corso di tutta la sua vita, può stare sotto la croce e portare a compimento ciò che all’Annunciazione forse aveva solo intuito.
Qui, sotto la croce si compie la sua maturità della maternità, in un crescendo che va dall’Annunciazione, passando per la Natività, alla “sapienza della croce”.

Cristo e Maria
Febbraio 2006

 

L’unzione di Betania
Nel vangelo di Marco 14,3-9 si dice che la donna, qui rappresentata in piedi accanto a Cristo, “ruppe il vasetto di alabastro e versò l’unguento sul suo capo” (14,3). C’è qualcosa che viene rotto (il vaso) e qualcosa che esce (l’unguento). Si può vedere un richiamo alla crocifissione, dove anche lì qualcosa viene rotto (il costato) e qualcosa esce (il sangue e l’acqua).
La donna ha la mano sul cuore, per indicare il suo cuore contrito.
Il vasetto è rotto, e lei unge Cristo sul capo mentre Lui è seduto come un re, come un sacerdote che indossa una stola.
Lei si cinge con un asciugatoio che già avvolge il piede, il basso, per far vedere che lo ungerà da capo a piedi, lei lo ungerà con se stessa, con ciò che ha di più prezioso, con l’essenza, tutto Cristo. Non bada a ciò che dicono gli altri, non bada allo spreco, allo spendere i soldi che, secondo qualcuno, potevano essere usati meglio (cf Mr 14,5). A lei tutto questo non importa. A lei importa prima di tutto Cristo e fa tutto quello che può per Cristo, segno di un rapporto che la stringe a Lui in modo fortissimo.
E’ cinta di un asciugatoio, per richiamare Cristo che all’ultima cena si cingerà dell’asciugatoio per lavare i piedi ai Dodici (cf Gv 13,4-5).
Cristo accoglie come prezioso questo dono della donna, che lo antepone a se stessa offrendogli in una commovente generosità quello che viene precisato essere un nardo assai prezioso (cf Gv 12,3). Cristo considera così prezioso questo gesto da dire: “dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che ella ha fatto”.
Nel gesto concreto di questa donna siamo anche noi invitati a riconoscere Cristo, in un atto personale di fede.

Unzione di Betania
Febbraio 2006

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