MISTERO PASQUALE FINO A PENTECOSTE
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EUROPA

CAPPELLA DI SANTA MONICA NEL COLLEGIO INTERNAZIONALE SANTA MONICA DEI PADRI AGOSTINIANI A ROMA [2007]

Indirizzo
Via Paolo VI, 25 - 00193 Roma, Italia
Telefono
Parola chiave
Elia, Emmaus, PERSONAGGI ANTICO TESTAMENTO, S. Agostino, S. Monica, SANTI E BEATI

 

 

 

 

 

Nel febbraio 2007 è stato realizzato l’abside con il tabernacolo e le scene in mosaico di Elia e la vedova ed Emmaus e le due pareti laterali con santa Monica e sant’Agostino.

 

 

CAPPELLA DI SANTA MONICA
 

Nel suo Discorso 239 sulla Pasqua, sant’Agostino associa i discepoli di Emmaus alla vedova di Zarepta.
La parte del mosaico in cui è rappresentata questa vedova rappresenta la mensa della carità, la parte in cui sono rappresentati i discepoli la mensa dell’eucarestia. Ma queste due parti formano un’unica mensa.
Il pensiero di sant’Agostino insiste molto nel rilevare che chi ospita non deve pensare di essere più importante di chi è ospitato, ma riceve uno scambio di doni. Chi è ospitato, di per sé, è un dono importante per chi ospita e forse gli porta cose più importanti che chi ospita non ha. Da ciò l’idea di realizzare una sorta di specchio, con due figure centrali: la vedova e Cristo.
La vedova passa il cibo sopra la testa del figlioletto che sta per morire, dal momento che avevano finito il cibo. La donna infatti dà la precedenza a ciò che le dice Elia: segue la sua parola ed esegue il gesto della carità ed Elia le indica la giara e l’orcio pieni. Il bambinetto fa un gesto simile a quello di Elia, tendendo la mano verso la giara e l’orcio. La donna dà, ma riceve ben altra cosa: non solo un pane da mangiare per poi morire, ma un pane che non finisce più ed un orcio che non si esaurisce.
In un altro passo Agostino dice che alla comunione della mensa noi ci comunichiamo con ciò che prima abbiamo offerto nella liturgia e che poi riceviamo in Cristo, con Cristo.
Qui i due discepoli si mettono a servire, Cristo prende il pane da quello che loro offrono, lo spezza sul costato, in modo da far capire che si tratta proprio del suo corpo, del suo sacrificio, e lo ridà indietro: si è dato il pane e si è ricevuto Cristo; in qualche modo si unisce benissimo l’aspetto della carità – che segue l’intuizione della parola, la vedova – e dall’altro lato i discepoli che ricevono Cristo dopo la loro offerta.

Abside
Veduta d’insieme
Febbraio 2007

 

Il tabernacolo è al centro, perché in qualche modo raccoglie la sintesi delle due scene: è inserito in un flusso di tanti ori diversi. Da un lato può dare l’idea di separare, come uno specchio, le due scene, ma dall’altro suggerisce proprio l’idea opposta, indicando che le due scene confluiscono in questo unico flusso dove si trova il tabernacolo, su cui in greco c’è scritto ho on, “Colui che è” (cf Es 3,14), parole che molti antichi cristiani scrivevano sulle bende bianche della tomba vuota.

Abside
Tabernacolo
Febbraio 2007

 

Gli sguardi sono molto importanti in queste figure, così come i volti che sono quasi non materiali: nei volti – tranne in quello di Elia che è ancora dell’Antico Testamento, ed è più provato, più materico, fa ancora fatica a vedere Dio nel volto dell’amore – non si vedono le pietre, che pur sono evidenti dappertutto, anche nei vestiti. Ma non nei volti, perché proprio lì si compie quello che era il disegno della creazione, cioè che tutta la materia tende a diventare corpo umano. Quando il corpo è assorbito dall’amore, diventa volto, perché l’amore ha sempre un volto e, quando la materia è assorbita dal volto, perché assorbita dall’amore, non si vede la materia come prima cosa, perché l’amore la cambia. Se si incontra una persona buona, non abbiamo la sensazione della carne e del sangue del suo volto, perché l’espressione di bontà tinge il “crudo” della materia.
Così se la materia delle pareti è molto ricca, forte, presente e palpabile, pian piano si ordina in un modo nei vestiti e nel corpo, e in un altro nel volto, ritirandosi e dando la precedenza all’espressione.

 

Santa Monica e sant’Agostino sono rappresentati sull’arco, l’uno specularmente all’altro (lei a sinistra e lui a destra), secondo l’usanza che anticamente sull’arco trionfale erano raffigurati i santi celebrati in quel luogo.
I padri agostiniani avevano suggerito di rappresentare Monica nel suo atteggiamento contemplativo. L’Atelier d’Arte del Centro Aletti lo ha realizzato ispirandosi a san Massimo il Confessore, per il quale è contemplativo chi sa vedere in una persona ciò che Dio opera in lei, quale è la sua possibilità nell’opera della redenzione. Così Monica era contemplativa nel cogliere ciò che Dio avrebbe operato in Agostino.

Arco
Santa Monica
Febbraio 2007

 

Perciò nel mosaico Monica guarda suo figlio, e Agostino guarda chi sta in cappella. E’ l’unico dei personaggi rappresentati che lo fa. Tutti gli altri ci permettono invece di unirci ai loro sguardi: così con Monica guardiamo Agostino, con Cristo i discepoli, con i discepoli il pane, così come loro lo vedevano.

Arco
Sant’Agostino
Febbraio 2007

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