Il logo del Giubileo della misericordia donato dal Centro Aletti
Porta Caritatis – Caritas Roma – Ostello
“Don Luigi Di Liegro” e mensa “Giovanni Paolo II”
Il logo è una stilizzazione della discesa agli inferi del nostro Signore nella ricerca di recuperare Adamo ed Eva dalle loro tombe. L’immagine unisce in modo sintetico diversi strati teologici ed è ispirata da molti testi patristici, soprattutto dalla poesia di sant’Efrem il Siro. Si tratta di una delle immagini pasquali più diffuse nel primo millennio, che troviamo tra l’altro sulla tomba di san Cirillo a Roma. In essa nel mistero pasquale si svela il compimento dell’incarnazione che per l’uomo si traduce in redenzione: Cristo assume tutta la natura umana e perciò non può risuscitare dalla morte da solo, ma solamente insieme a tutta l’umanità, insieme ad Adamo. Attraverso la sua kenosi, la passione, la morte il Figlio di Dio si identifica con l’Adamo morto per poter entrare nella sua tomba. Da Risorto abbatte le porte degli inferi e le calpesta da vincitore. Il demonio si era servito della paura della morte per mantenere l’uomo nella schiavitù del peccato, ma Cristo sfonda queste sbarre, che così si rivelano per noi come via della vita. La scena coincide con l’immagine del buon Pastore che va a cercare la pecorella smarrita e se la carica con tutto l’amore paterno. Questa pecorella smarrita è Adamo che, a causa del peccato, si era nascosto davanti a Dio nella tomba. Ma Cristo, buon Pastore, va a cercare la pecora smarrita, cioè l’umanità morta, trova Adamo nella tomba, lo risuscita e se lo carica sulle spalle per riportarlo al Padre. Il Padre infatti ha tanto amato il mondo da mandare il suo unico Figlio a cercare l’uomo ribelle, smarrito, morto. Il Padre misericordioso vuole che il Figlio tocchi la carne morta dell’uomo con l’amore del Padre che può trasfigurare quest’uomo nel Figlio. Quando l’uomo è toccato dalla misericordia di Dio, la sua vita cambia. Così avviene l’incontro tra Adamo e il nuovo Adamo, Cristo. La vicinanza dei due volti sottolinea la misericordia di Dio Padre che manda il suo Figlio perché sia solidale con ogni uomo, per redimerlo e rinnovarlo. Perciò i due sguardi si incontrano, anzi diventano un solo sguardo. Dio nel suo Figlio impara a guardare anche con l’occhio di Adamo, e Adamo impara, per la misericordia, a vedere se stesso, gli altri e il mondo con gli occhi di Dio. Adamo scopre la sua somiglianza con il nuovo Adamo, il Signore. Il vecchio Adamo è redento, perché contempla nel nuovo Adamo la misericordia del Padre. Così ogni uomo scopre in Cristo la propria umanità, la propria vocazione, perché nel suo sguardo contempla l’amore del Padre. Questa scena si trova nella mandorla che con tre colori concentrici va fino al più scuro. Da un lato si sottolinea così la notte dell’impero della morte, cioè la notte del peccato che viene distrutta dalla luce del Cristo. Dall’altro lato, proprio per la forma semi-circolare, si mette in evidenza il mistero impenetrabile dell’amore di Dio che si manifesta nella divino-umanità di Cristo. Questo amore si rende vicino a noi come misericordia del Padre, ma allo stesso tempo sprofonda nelle profondità imperscrutabili dell’amore trinitario.